A) La tradizione B) La geologia dell'area C) La teoria alluvionale |
D) L'isolotto e altre ipotesi E) L'ipotesi tufacea F) Bibliografia e Contributi |
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A) LA TRADIZIONE Secondo la leggenda riportata dalle fonti letterarie (Dionysus Halicarnassus 5.13.2-4; Livius 2.5.1 [*] -4; Plutarch Publ. 8.1-8 [*]) l'isola fu generata dalla progressiva sedimentazione di materiali e fango sulle messi di grano dei Tarquini, mietute dai Romani nel Campo Marzio e gettate nel Tevere in quanto ritenute impure dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma nell'estate del 509 a.C. (245 a.U.c.) quando il basso livello del fiume favorì il loro arenarsi. Così l'episodio, come narrato da Livio, viene ripreso intorno al 1450 da Flavio Biondo [1*]: Il Campo Martio ci tira a dire de' duoi luoghi, cioè de l'Equiria, e de l'isola di Giove: ma del primo ci induggiaremo a dirne con gli spettacoli publici, de l'isola dice Livio, che essendo nel Campo Martio mature le biade di Tarquinio già cacciato di Roma, e reputandosi quel frutto irreligioso, ferono i Romani mieterle, e buttarle nel fiume che gli era presso; ma perciò che il Tevere a quel tempo correa molto piano, come suol di estate fare, quelli fasci di biade si fermorono in quella seccaggine, e limacci, dove poi cumulandovisi anco de le altre cose che suole il fiume sempre portare in giù, venne a poco a poco a farvisi una isoletta; e crede, che doppo anco si ci volgesse l'industria de gli huomini a farla più stabile, con buttarvi d'altre cose più gravi, e più ferme, onde havesse possuto esser bastante a sostenere i tempij, e gli portichi che vi furon fatti. La tarda collocazione temporale dell'origine dell'isola, così come tramandataci dagli storici (ben 245 anni dopo la fondazione di Roma), ha portato molti studiosi a supporre che l'isola fosse in realtà una proprietà privata dei Tarquini e che solo dopo la loro cacciata dalla città essa sarebbe stata restituita alla popolazione. Secondo alcuni la leggenda del grano gettato nel fiume indicherebbe che l'isola fosse stata utilizzata dai Tarquini come granaio. Inizio pagina B) LA GEOLOGIA DELL'AREA L'ultima glaciazione (Wurm), iniziata circa 120.000 anni fa, culminò circa 18.000 anni fa con un picco freddo che produsse un abbassamento del livello del mare di 120 metri al di sotto dell'attuale. Questo determinò la forte incisione della valle del Tevere: in particolare nell'area di Roma il Tevere incise il compatto substrato delle argille plioceniche (da 7 a 1.8 milioni di anni fa) fino a circa 50 m al di sotto del livello del mare attuale (fig.B1 [3]); conseguentemente anche gli affluenti di destra e di sinistra scavarono profonde e strette valli. Il successivo sollevamento postpliocenico (specie sulla sponda destra) con conseguente esposizione all'erosione, portò a ricevere i depositi prodotti dalla successiva attività vulcanica laziale. Un ulteriore sollevamento favorì l'azione erosiva dei corsi d'acqua, Tevere e marrane affluenti: la pianura e le valli furono così colmate dai depositi olocenici (da 10.000 anni fa) e più recentemente dall'accumulo di materiali antropici prodotti dalle attività edilizie in Roma. Sul lato destro due profonde incisioni solcavano la dorsale Monte Mario-Gianicolo delimitando il Colle Vaticano; sulla riva sinistra le incisioni erano più numerose iniziando a delineare i "colli" mentre un'altra sfociava nella valle che sarebbe diventata la zona paludosa del Velabro, arrivando al Tevere presso l'attuale isola Tiberina. Il Tevere scorreva quindi incassato in una valle a fondo piatto con depositi alluvionali. Ma dopo il picco freddo wurmiano il livello del mare iniziò a risalire per il rapido aumento della temperatura: ciò comportò il progressivo innalzamento del letto del Tevere e il suo riempimento da parte di depositi alluvionali olocenici che si concentrano essenzialmente nella valle tiberina (fig.B2 [3] l'area rappresentata corrisponde a quella tratteggiata riportata nella fig.B1). Inizio pagina C) LA TEORIA ALLUVIONALE Tutte le teorie sostenute dai maggiori geologi concordano sul fatto che sia la costituzione geologica che la posizione dell'isola portano a ritenerla costituita da depositi alluvionali di epoca (geologicamente) recente; ciò darebbe anche una certa validità scientifica a quanto tramandato dalla tradizione. A seguito di approfondite ricerche bibliografiche ed analisi dei sondaggi disponibili all'epoca Gioacchino De Angelis d'Ossat [4] (1865-1957) (che tuttavia non riuscì ad ottenere permessi per l'esecuzione di ulteriori esami dedicati e specifici, né ad accedere ai dati geognostici rilevati per gli imponenti lavori di ristrutturazione dell'ospedale Fatebenefratelli del 1934 ad opera del Bazzani, per le cui fondazioni furono utilizzati circa 800 pali di cemento), confermò l'origine alluvionale dell'isola; tale tesi è confortata anche dall'altimetria dell'isola, pari se non inferiore a quella delle sponde, e dalla caratteristica sabbiosa delle sponde stesse (Arenula) Anche i risultati delle perforazioni profonde note all'epoca confermano la presenza nel sottosuolo di strati di materiali sciolti dapprima di deposito fluviale e, in profondità, fluvio-lacustri. Il sondaggio più importante fu eseguito sotto al piccolo fornice centrale del ponte Fabricio attraverso la relativa pila di fondazione fino alla profondità di 35,90 m. Lo studio dei 31 campioni estratti, insieme a quelli relativi a due sondaggi minori (10,15 e 15 m.) a monte e valle del ponte, fu eseguito nel 1911 dal Clerici [6]. Con riferimento allo zero di Ripetta il sondaggio produsse i seguenti esiti:
In fig.C1 [3] è mostrata la sezione geologica schematica dal Campidoglio al Gianicolo attraverso l'isola Tiberina; in corrispondenza alla mezzeria del ramo sinistro è indicato il sondaggio del Clerici. Inizio pagina D) L'ISOLOTTO E ALTRE IPOTESI La forma dell'isola nel corso dei secoli subì notevoli variazioni come visibile da alcune piante di Roma. In particolare, come rappresentato nelle piante di Chiesa-Gambarini (1744) (fig.D1) e del Nolli (1748) (fig.D2), una isola più piccola, o isolotto, era compresa fra l'isola Tiberina e la zona sabbiosa, da questo detta Arenula (o La Regola). Riguardo alla sua costituzione si narra che esso consistesse di un gran masso formato da frammenti di lava basaltica fortemente cementati. Ciò ha portato a ritenere che l'isolotto fosse "... il residuo dell'argine fabbricato da Tarquinio Prisco, rassodato da Augusto e di bel nuovo racconciato da Aureliano a fine di reprimere l'urto del Tevere ...". L'isolotto si rinsaldò alla riva sinistra sabbiosa durante la piena del 1788 (nella zona detta appunto Arenula o La Regola). Scrive il Brocchi [7]: «Nel 1788 gonfiato il Tevere ... le acque del fiume si avviarono precipitosamente alla foce. Nell'impeto del loro corso trassero giù dalla scoscesa ripa del monte de' Cenci gran copia di arena e rimase così intieramente ostruito un canale che da parecchi anni innanzi era già mezzo interrito, per la qual cosa si unì al continente quell'isola che consisteva di un gran masso composto di rottami di lava basaltina agglutinati da un forte cemento. Opina il Gabrini che fosse il residuo dell'argine fabbricato da Tarquinio Prisco, rassodato da Augusto e di bel nuovo racconciato da Aureliano a fine di reprimere l'urto del Tevere... in quel sito havvi una spianata detta l'Arenula o la Regola ove sono gran cumuli di macerie... ». Merita di essere infine citata la suggestiva teoria del Pinza [8] secondo cui le ricche acque della Marrana, alimentata dal ramo centrale dell’emissario del lago di Castello (attuale lago Albano), avrebbero scavato tra Palatino e Celio e tra Campidoglio e Quirinale formando l’anfiteatro di erosione del Foro (v. fig.D3 [9]), sfociando quindi nel Tevere con un delta che avrebbe creato il Campo Marzio spingendo il Tevere stesso fin sotto il Gianicolo. Con la diminuzione della acque della Marrana la gola tra Palatino ed Esquilino si sarebbe ostruita e i detriti avrebbero formato la Velia, mentre le acque della Marrana furono così costrette a scavarsi l’alveo nella Valle Murcia (attuale Circo Massimo) sfociando nel Tevere dopo averlo costeggiato parallelamente (v. fig.D4 [10]). All’ulteriore diminuzione delle acque provenienti dalla Valle Murcia il Tevere avrebbe invaso la confluenza creando così l’isola. "… e da allora le diminuite acque della Marrana furono costrette ad approfondirsi l'alveo di Valle Murcia e a sboccare nel Tevere nella stranissima condizione che tutt'ora si osserva, la confluenza del fiume avvenendo rispetto a questa con un angolo di circa 180°. Le due correnti in siffatte condizioni si schivarono per quanto fu possibile e tra l'una e l'altra si depose una lingua di terra; poi diminuendo sempre più la importanza idrica di Valle Marrana-Murcia, il Tevere ne invase l'antica confluenza e la penisola che costituiva il setto finale tra i due corsi d'acqua divenne l'isola Tiberina. Il terreno romano appare quindi costituito dai depositi di sfocio nel Tevere dell'emissario del lago di Castello". Inizio pagina E) L'IPOTESI TUFACEA La teoria alluvionale non è mai stata confermata né da indagini dedicate né dalle stratigrafie risultanti dai numerosi sondaggi, eseguiti in genere per scopi edilizi. Ciò non permette, pertanto, di confutare in maniera assoluta la teoria del Besnier [11] che nel 1902 affermò, basandosi su comunicazioni verbali ricevute dai tecnici dell'Ufficio del Genio Civile di Roma, che sotto gli strati di sabbia e ghiaie, di deposito recente, appaiono "lambeaux du tuf volcanique" [lembi di tufi vulcanici]. Quindi, secondo Besnier, la struttura di base dell'isola sarebbe tufacea, della stessa natura del vicino Campidoglio e dei colli sulla riva sinistra; la resistenza del tufo avrebbe costretto il fiume a dividersi in due rami e lo scoglio tufaceo avrebbe costituito la base dei successivi depositi alluvionali. Va inoltre menzionato che, durante gli scavi effettuati nel sottosuolo dell'Ospedale S.Giovanni Calibita [12], sono stati individuati (1982, nei pressi della chiesa) elementi di tufo mentre altri scavi, effettuati a monte dei precedenti sotto le strutture più antiche dell'isola (1990), hanno messo in luce una struttura sedimentaria sabbiosa. Neppure tali affermazioni sono mai state tuttavia geologicamente riconosciute e confermate con sondaggi dedicati ed i maggiori geologi ritengono che le tracce tufacee non siano segno di un giacimento di tufo litoide-lionato, ma molto probabilmente resti di costruzioni di difesa, fondazioni o di ancoraggi come suggerito anche dalle fonti storiche (Livio). Inizio pagina
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